Vele bianco e nere di mare

hotel fiammetta ravioli neri

Sono belli da vedere, buoni da mangiare ma io ritengo che sono anche divertenti da fare….preparare l’impasto della pasta fatta in casa, con la classica ricetta che ha la proporzione: < tanti commensali tante uova>.

Questo impasto deve essere preparato in due fasi “fase bianca e fase nera”, per cui metà uova per ogni fase. Preparate il vostro classico impasto ed ovviamente quando è il momento di quello nero dovete aggiungere almeno due sacchetti di nero di seppia, preferibilmente fresco. Una volta preparato, mentre questo riposa preparerete il ripieno. Il mio preferito è di ricotta erbette di campo e totani.

Le erbette di campo, se ne avete la conoscenza e l’opportunità di andarle a cogliere sarebbe meglio, io mi diverto molto nel farlo, anche perché vado con un’amica del posto con cui faccio delle belle chiacchierate e mi racconta delle belle storie, che sono la mia altra passione…torniamo alla ricetta… una volta pulite le erbette scottatele in padella con uno spicchio d’aglio e poi le spezzettate grossolanamente, a parte pulite i totani che andrete a spezzettare e poi scottare con olio ed uno spicchio d’aglio in camicia, un pochino di peperoncino, unite le erbette e dopo circa 2 minuti toglietelo dal fuoco e lasciatelo stiepidire, aggiungete poi la ricotta e mescolate il tutto.Lasciate qualche totano, scottati a parte.

E’ adesso arrivato il momento di distendere gli impasti, prima quello bianco su cui disporrete poi il ripieno a piccoli cucchiaini, distanziate ogni cucchiaino circa 5 cm l’uno dall’altro, poi ponete sopra il foglio di pasta nero che avete precedentemente disteso e lo adagiate facendolo aderire dopo di che passate a tagliarli della forma geometrica che preferite, a noi ci piacciono a triangolo semplicemente perché si abbinano alla forma delle vele marine, vivendo io al mare.

Una volta fatto questo procedete a cuocerli in acqua bollente dopo di che saltarli. Io li salto semplicemente in burro e salvia a cui aggiungo una ramaiolata di brodo di pesce ed una spolverata di prezzemolo dopo averli disposti nel piatto di portata, aggiungete i totani che avete tenuto da parte e…..  bon appetite!

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Tanfata

Come ogni sabato o domenica andavo con il mio babbo, per boschi. Era primavera per cui lui raccoglieva asparagi ed io violette e ciclamini. Mentre camminavamo lui raccontava storie di personaggi del luogo, persone un po’ buffe nell’aspetto o nel modo di parlare. Pensate che io oggi chiamo il mio cane con un nome che in verità era un cognome, che nella mia mente mi riporta ad una storia di quando ero piccola “Bugheri”;  i Bugheri erano una famiglia che viveva a Parrana San Giusto, un paesino che si trova sulle colline livornesi.

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Questo luogo è percorso dall’acquedotto Leopoldino, la cui sorgente nasce a Colognole e percorrendo la Via degli Archi, attraversa le Parrane, porta l’acqua al Cisternino e poi Cisternone di Livorno.

Bugheri  era il guardiano dell’acquedotto, si occupava della manutenzione, era un personaggio buffo, vestito malamente sempre con gli stivali da pioggia in inverno ed estate, spesso uno di un colore e l’altro diverso, ma sempre verdi e marroni, aveva sempre i pantaloni arrotolati alle ginocchia e sorretti da una corda invece della cintura, per non bagnarsi, portava camicie di flanella a quadri, tipo i butteri maremmani e un cappellaccio in capo in paglia d’estate e di velluto marrone in inverno. La cisterna di cui lui si occupava era un po’ distante dal paese, per cui lui era un tipo solitario, parlava poco e quando andava da Gastone, il bar alimentari e tutto un po’, del paese non chiacchierava gran che, erano sopratutto gli altri che lo facevano con lui, non vedevano l’ora che arrivasse qualcuno da schernire, era lo “sfottò paesano” e Bugheri era la loro vittima preferita.

Questo personaggio però aveva un suo fascino per me bambina, quando capitava che con il mio babbo percorrevamo la via degli archi, spesso lo incontravamo ed ovviamente loro due scambiavano due chiacchiere.  Il babbo diceva che era sì buffo nell’aspetto ma era una persona istruita, aveva fatto l’Iti ed era un appassionato di storia, sapeva molte cose anche se parlava poco, il loro argomento preferito era però la caccia.  I cacciatori hanno la nomea di sapere tutto sugli uccelli e di riconoscerli dalle “fatte”,  è il nome con cui chiamano la cacca dei volatili e quindi la discussione ferveva su <…è una fatta di merlo, piuttosto che di tordo ect..> la fatta più preziosa è quella di  beccaccia, è preziosa perché la beccaccia è un uccello che si muove alle prime ore dell’alba e solo i cacciatori più abili, riescono a cacciarla.

Modestamente il mio babbo era riconosciuto fra di loro come un bravo cacciatore, perché di beccacce ne aveva prese diverse. Come vi dicevo Bugheri era motivo di sfottò da parte dei paesani e come tutte le persone che sono vittime di scherno, sopportava ma poi successe che un giorno non sopportò più e scatto’ il “matto” che fino a quel momento era sopito in lui…e la combinò.

Un personaggio del paese, ritenuto importante, era il postino, importante perché era un impiegato delle Poste Italiane, ciò vuol dire ben poco oggi, ma lui si credeva di essere chissà chi, si vantava del proprio status, un po’ troppo borioso per il mio babbo. Il postino, cacciatore anche lui come tutti all’epoca, era un sapientone anche sulla caccia e si vantava della propria conoscenza sulle “fatte” ed inoltre era uno di quelli che deridevano Bugheri.

Quella domenica mattina incontrammo Bugheri sugli Archi, ed i due iniziarono a parlare. Il babbo domandò al Bugheri che cosa avesse combinato: < nulla!!> disse lui ..<..e l’ho ribattezzato in tutti i sensi, il postino… e l’ha fatta la sua a prendermi in giro..quer borioso! Siccome  sapevo che di lì a breve mi sarebbe arrivata una comunicazione dallo stato perciò doveva venì fino a casa per farmela firmà…. l’ho studiata proprio bene…. ecco che l’altro giorno arrivò e suonò alla porta di casa e nel momento il cui tirò il filanciano, (fil di ferro) dov’era legato il campanaccio, io l’avevo collegato uno anche uno a un secchio sopra la testa, era però piena di cacca della Rosina (la mucca) e gli si rovesciò addosso… Potevi immaginare la sua faccia…e gli ho detto <… o te che sei così tanto furbo e sai tutto sulle fatte …mi dici un popoino di che fatta è …questa?>

Lo dovevi vedè mentre andava via a gambe levate per gli archi, pareva un merlo acquaiolo

…o Ivano! tornò a rivolgersi al mio babbo, <..e sà tutto lui sulla fatta… ora l’ho fatta proprio bene io…così ora e un dicono più arriva il postino…ora dicono arriva Tanfata!> e giù risate……lo sai Ivano,  sono venuti anche i carabinieri e ce li ha mandati lui, mi hanno detto <…O Bugheri ma t’ha visto nessuno?> e io… <no!>…ed il maresciallo: < …E allora un ti preoccupà! e si dice che è cascato nella ‘oncia…(la concia, è la buca dove finivano gli escrementi umani e animali di ogni fattoria) e  finisce lì …po pò di borioso!> O Ivano era contento anche il maresciallo . .. da quel momento il postino venne soprannominato “Tanfata” e la burla paesana si era spostata su di lui. Bugheri da quel giorno ebbe più rispetto e passò anche alla storia.

Le pesche della Lori, pasticceria mignon

le “pesche”  della Lori sono dolcetti da mangiarsi in quasi un unico boccone, dall’aspetto somigliante ai frutti estivi, di colore giallo-rosato con tanto di foglia verde e mandorla interna.

A lei non piacciono di grande dimensioni, dice che le fanno più “prò” piccole, così a porzione ne da con due  o tre. La preparazione di questi dolcetti è in 3 fasi preparazione impasto/cottura/farcitura.

Le pesche, pasticceria mignon, della Lori

Le pesche, pasticceria mignon, della Lori

quando decidete di fare questi dolcetti, tirate fuori dal frigo il burro per tempo e lasciatelo ammorbidire per lavorarlo meglio ed anche le uova, si deve preparare una frolla con 150 gr di zucchero, 100 gr di burro, la scorza di un limone grattugiato, 1 bustina di vanillina, 1 di lievito per dolci, un pizzico di sale, una tazzina di latte, farina quanta ne prende per fare un impasto morbido. Iniziate mettendo un po’ di farina sulla spianatoia di modo che faccia da contenitore agli altri ingredienti, aggiungeteli tutti insieme ed iniziate prima con una forchetta ad amalgamare il tutto poi con le mani. L’impasto deve risultare morbido e compatto. lasciatelo riposare in frigo coperto con un tovagliolo almeno un paio d’ore. Trascorso questo periodo, tagliate la frolla almeno in quattro pezzi e lavoratela come per farne un tubo, tagliatela adesso a cubetti che di nuovo arrotondate con le mani ed appoggiatoli sulla teglia con la carta da forno, devono essere di forma semisferica. (mezze palline da ping pong ma nulla vieta di farle della grandezza di quelle da tennis) cuocete a 170° per 15′ minuti. (ognuno di voi conosce il suo forno e imparerà a riconoscere il momento di sfornare in base alla colorazione).

Lasciatele raffreddare e poi con un cucchiaino svuotatele leggermente dell’impasto tanto per accogliere la mandorla. per la farcitura vi servirà oltre le mandorle anche la  cioccolata,dell’ Alchermens e zucchero qb. Potete scegliere fra la classica Nutella o una cioccolata cremosa che preparerete voi, da spalmerete sulla parte interna della pesca, poi ci mettete la mandorla  ovviamente una per ogni pesca che porrete al centro, unite le due semisfere, passatele leggermente nel Alchermens quindi nello zucchero semolato e per finire una foglia di menta.

et voile! le pesche son pronte

gli spaghetti allo scoglio della lori

il motivo per cui gli spaghetti della Lori sono saporiti è dato dall’abbinamento degli ingredienti con il brodo di pesce che per i piatti di mare è fondamentale, lo potete preparare e tenere poi in frigo e tirarlo fuori al bisogno.

nel frattempo che l’acqua bolle per la cottura della pasta preparate il sugo

la pasta potete sceglierla anche diversa le penne come i tagliolini vanno altrettanto bene

per il sugo ci vuole qualche gamberetto, consideratene almeno 4 a persona, totani 1 a persona da fare a striscioline, frutti di mare prezzemolo, aglio e peperoncino a piacere, pomodorini pachino, olio evo.

fate appena rosolare aglio prezzemolo e peperoncino e i pomodorini tagliati in una padella con olio aggiungete i gamberetti ed i totani tagliuzzati aggiungete una ramaiolata di brodo di pesce ed  i frutti di mare.

scolate la pasta al punto di cottura che preferite e saltate tutto in padella. Hotel Fiammetta spaghetti allo scoglioporzionate nei piatti e buon apetito

questa sono io

Chi sono? bella domanda. la storia dice che sono nata poco più di 50 anni fa, da Ivano e la Lori, che in verità si chiama Giorgina, ma questa è un’altra storia. Vivo da sempre a Quercianella, un angolo di paradiso della costa livornese. Ho frequentato al meglio l’Istituto d’arte di Pisa, specializzandomi in arte vetro, sarei se lo facessi, una brava restauratrice di vetrate antiche ma…. la vita dice tutt’altro!

il mio ritratto

il mio ritratto

Mi sono sposata a 25 anni da questo matrimonio è nata Giulia, poi il matrimonio ha avuto uno stop…. ed anche questo è un’altro capitolo.

Per scelta altrui, ovvero dei miei genitori  Ivano e la Lori, mi  sono ritrovata a studiare per prendere la licenza di albergatrice e ristoratrice ed oggi questo è il mio lavoro, all’Hotel Ristorante Fiammetta, devo dire che mi piacerebbe anche di più se fosse un po’ più costante tra inverno ed estate.

Sportiva, ho giocato una vita a pallavolo, oggi la insegno, la mia personale attività fisica si limita però a camminare, ecco che è sbocciata, ormai da qualche anno la passione per il trekking, o meglio escursioni locali.

Sicuramente deriva dal fatto che quando ero piccola il babbo mi portava con se a caccia, camminavo incuriosita da tutte le storie che mi raccontava, storie che oggi sono a narrarvi. Non voglio essere né giornalista né fotografa, sicuramente sono storie esperienziali,  seguo i sentieri dei miei racconti nel mio comprensorio e cercherò di mostrarveli documentandoli con foto. Scusatemi per il mio italiano, semplice e sicuramente con qualche errore, sarò contenta già se le leggerete e se vi piaceranno, sarà un successo. E se poi qualcuno vorrà con me percorrere uno di questi tracciati trekking sarò felicissima di trascorrere una giornata con voi.

la mia marmellata di Arance

le arance di casa mia

le arance di casa mia

la #marmellata di arance
non voglio pretendere che tutti voi siate fortunati come me ad avere un bell’albero di #Arancio Tarocco in giardino e forse la mia marmellata mi pare per questo più buona.
Condivido con voi tutti questa ricetta donatami dalla mia amica Mariaromana
Armatevi di pazienza innanzitutto perché ce ne vuole, la marmellata di arance è fra le più noiose, ma questo è già un pregio per chi ma la cucina.
Dunque una volta scelto il momento per fare ciò, vi servono delle arance biologiche, possibilmente colte da poco, perché la buccia col tempo si riduce. le mettete a mollo per un poco dopodiché procedete così:
con un coltellino affilatissimo sbucciate le arance avendo cura di non toccare la parte bianca che si trova fra la buccia e la polpa, a piccoli pezzetti (è questo l’aspetto noioso) questo perché altrimenti la marmellata diventa amara. poi una volta fatto questo sbucciateli del bianco anche nelle parti interne fra gli spicchi e metteteli in pentola insieme a tutta la buccia che avete ottenuto. ultimata questa procedura pesate il prodotto, mettetelo al fuoco schiacciando gli spicchi con un mestolo, aggiungete tanto zucchero quanta è la quantità di polpa, abbassate il fuoco e lasciate cuocere almeno un paio d’ore abbondanti, lentamente, la cottura sarà ultimata quando dal mestolo la marmellata cadrà a goccioloni. Procedete a metterla nei barattoli come sicuramente sapete già.

Camilla ed Ernesto ..non il solito Castello!

Forse non tutti sanno che ..Quercianella è un rifugio d’amore per tutti gli innamorati e ritengo fondatori di ciò Camilla ed Ernesto.

Al tempo in cui Pisa era sotto il dominio della Francia, siamo alla fine del millequattrocento quasi cinquecento (come direbbero Troisi &Benigni)

Camilla de Palli, dama pisana raggiunse al castello, il franceseErnesto  D’Estraguez/D’Entraguez ( le fonti così lo citano) , che era lì fuggito disertore e stava morendo per le pene d’amore.

La storia ci narra che Camilla fosse una fanciulla bellissima e coraggiosissima, tanto che durante l’inchino al Re, osò rivolgergli la parola, oltre che lo sguardo, ella chiedeva al re, di restituire a Pisa la libertà.

D’Estraguez conobbe Camilla, figlia di Messer Luca Lante ad un ballo, in cui lui venne insignito a Governatore di Pisa, da Re Carlo VIII, siamo nel 1494 e Pisa veniva liberata dal giogo dei Fiorentini….se non che dopo 3 mesi di battaglie e di assedio dei fiorentini Carlo VIII ordinò a D’Estraguez di consegnare la fortezza ai suoi nemici ma poiché egli aveva ricevuto in dono un palazzo Lungarno e il Castello di S.Regolo, disobbidì, sopratutto per non mancare alla parola data a Camilla….D’Estraguez non consegnò la Cittadella, disobbedendo al re, che gli scrisse una lettera dove lo rampognava e lo minacciava se non avesse ubbidito, arrendersi e allontanarsi con gli altri francesi da Pisa, ma…povero D’Estraguez lottava fra l’amore per Camilla e il dovere di cavaliere, lui di nobilissima prosapia dei Balzac, fellone contro il re di Francia!

Vedendo Camilla che combatteva sulla mura pisane al suo fianco, dopo lunga meditazione, nel cuore e nella testa di Ernesto vinse la scelta d’amore…i fiorentini assalirono il borgo dalla porta S.Marco e D’Estraguez, invece di arrendersi, continuava la batteglia e mandava giù i balestrieri, quanti più poteva. Camilla venne fatta prigioniera da Vitellozzo Vitelli il comandante dei fiorentini, ma Ernesto la salvò e i fiorentini non entrarono, l’amore aveva trionfato….era il 1°gennaio e D’Estraguez si mosse dal Duomo incontro alla processione arrivò al ponte alle Piagge e donò alla Vergine protettrice dei Pisani le chiavi della Fortezza, dopo di ché  si allontanò da Pisa… per non continuare nell’atto di fellonia verso il suo Re Signore.

Allontanatosi da Pisa dopo avere ricevuto una lettera dal maresciallo Tentaville, che gli consigliava di fuggire, D’Estraguez si rifugiò in cima a quell’erta dove anni dopo venne costruita la torre del Romito, trascorrendovi i giorni nella più assoluta solitudine.

Il dolore per aver abbandonato Camilla, era in verità il più grande dei sacrifici che il cavaliere potesse fare, egli si rifugiò alle pendici di #Montenero, fra i gioghi aspri e solinghi del poetico Romito.

La vergogna di aver disonorato la patria, gli impediva di guardare in faccia gli uomini…..Pisa intanto abbandonata dai francesi, lottava per la sua libertà, Camilla dei Lanti infelicissima per le sventure della sua città e perchè ignorava le sorti del suo D’Estraguez, si era ritirata in suo castello a Montemassi e nella solitudine di questo feudo, passava i giorni nell’angoscia e nel pianto.

Ecco che un giorno Ernesto mandò a chiamare un frate agostiniano della chiesa di #San Iacopo in Acquaviva di #Livorno

Il monaco narrò che non poteva aiutare l’eremita perché egli soffriva di un male terreno e non abbisognava dei conforti della religione: <Io morrò disperato e senza riconciliarmi con Dio,se non vedrò Camilla dei Lanti, andate al Castello di Montemassi e dite al padre suo di portarla da Ernesto D’Estraguez che è moribondo>……

Erano trascorsi due anni da quando Camilla ed Ernesto si erano separati ed al castello di Montemassi arrivò il monaco agostiniano che chiedeva di parlare con il padre di Camilla, gli fu concesso e lui raccontò di un eremita abitatore delle rupi sulla via maremmana che sovrastano la scogliera, lo aveva fatto chiamare e lui accorso lo aveva trovato morente.

La giovinetta fu menata per #balze e rupi sino alla capanna dell’infelice eremita, egli poté dirle che privo del suo onore e di lei, non poteva ormai vivere e che avendole sacrificato l’onore, aveva ben diritto che essa assistesse al momento estremo della sua vita…

La leggenda racconta che Ernesto D’Estraguez possedesse un crocifisso che alla sua morte venne portato nella Chiesa di Montenero ove si venera; Camilla invece dopo la di lui morte, si ritirò a vita claustrale e rese l’anima a Dio nell’anniversario della morte di Ernesto…

il Castello del Romito

<Questa aspra rupe del Romito,

da pochi anni splendido soggiorno signorile e solitudine deliziosa,

l’eccitata fantasia popolò

talvolta di demoni tentatori di quei solitari

che vi si erano stanziati a vita ascetica e contemplativa.>

(#Pietro Vigo)

i miei coralli…il ricordo delle mie mantellate

il ricordo che conservo dei miei coralli

A ‪#‎Quercianella‬ c’è una grande villa, nell’800 Villa Gower, poi divenne l’educandato estivo delle Suore#Mantellate, le suore famose di Roma che si occupano dei detenuti, rammentate la canzone di #Gabriella Ferri, citava:.

le Mantellate sono delle suore…ma a Roma sono soltanto celle scure...

Ero veramente piccola quando la mia mamma, la Lori, iniziò a lavorare da loro come cuoca da Maggio a Settembre…avevo 5 anni e Stefano, mio fratello solo 1… essendo quello l’edificio estivo del collegio di Via San Gallo di# Firenze, vi arrivavano in vacanza le ragazze e bambine che frequentavano quella scuola ed io ovviamente trascorrevo la giornata con loro; la mattina dopo colazione si scendeva al ‪#‎mare‬, le suore avevano il proprio stabilimento balneare, nel primo pomeriggio invece, si rimaneva in giardino della villa per poi tornare al mare dopo le quattro…

La storia ci racconta che un tempo, prima di appartenere alle suore, l’edificio fosse di proprietà della famiglia Pavolini, dice che fosse una residenza settecentesca divenuta in seguito di proprietà della famiglia Gower, si racconta che nel suo parco non vi fosse il ghiaino ma il ‪#‎Corallo‬ rosso, che a quell’epoca si raccoglieva in abbondanza…il ‪#‎corallo‬ mi affascinava moltissimo, mi ci è voluto un po’ di tempo per capire che avesse vita, per me bambina era una sorta di pietra con cui facevo collanine.

Dunque con le mie amiche ospiti delle suore, tutti i pomeriggi cercavamo i pezzetti di ‪#‎corallo‬ nel piazzale antistante la villa, bastava smuovere un po’ il ghiaino che ne trovavamo i resti di quello che un tempo era stato un viale di corallo.

Ci divertivamo ad immaginare carrozze trascinate da cavalli, le cui ruote scricchiolavano su quel tappeto arancione, entrando dal viale che proveniva dal mare ed una volta che avevano scesi gli ospiti delle feste del barone o conte Pavolini..uscivano poi sulla strada maremmana, oggi Aurelia.

Le fantasie delle bambine erano alimentate dai libri di novelle lette a quell’età, storie di dame e principesse, vestiti e merletti, primi sguardi ai giovinetti e di maschi lì ce ne erano ben pochi. Le suore fortunatamente affittavano però i villini e gli stanzoni, a famiglie fiorentine i cui mariti lavoravano per loro, fra queste ce ne era una, che aveva un ragazzino della mia solita età (11anni) dal nome particolarissimo Oberdan, un biondino con gli occhi verdi, grande pescatore, stava gran parte del tempo in acqua, e pescava pescava… per ben tre stagioni di fila, ebbi una cotta per lui…e una sera tornando dalla pesca, lui mi portò un ramoscello di corallo, quale regalo più bello…aveva pensato a me!….

Pensate ancora oggi conservo quel pensiero! peccato che successivamente la famiglia cambiò la destinazione di vacanza!
Ovviamente anche se avevo una discreta cotta per Oberdan, mi passò in tempo breve, l’estate successiva arrivò un americano Mark Antony era un po’ più grande aveva già 17 anni ed io 12, non mi calcolava, corteggiava le mie amiche Diana, Giovella, Susanna, loro eran tutte più grandi di me.

Successe però che anche lui andava per fondali e prima di partire mi fece un regalò, un ramoscello di corallo, che è insieme a quello di Oberdan e mi disse < non dimenticarmi…!> non lo sapevo ancora ma anche io avevo lasciato un segno. Sono passati più di 40 anni e come avete letto, non ho dimenticato nessuno dei due, anche se non li ho mai più visti…. è per me il più bel ricordo che ho delle Mantellate….di ‪#‎Quercianella‬